La chirurgia radicale della prostata per cancro, con altissima frequenza, provoca incontinenza urinaria che può durare molti mesi e, in taluni casi, diventare addirittura definitiva.
Per ovviare a questo deprimente effetto collaterale della prostatectomia radicale, il Prof. Francesco Rocco, insieme al figlio Prof. Bernardo Rocco, ha sviluppato una tecnica chirurgica innovativa di ricostruzione dello sfintere striato dell’uretra per recuperare rapidamente la continenza urinaria dopo l’intervento di prostatectomia radicale per cancro.
La tecnica, nota come “Rocco’s stiches” ha avuto un grande successo ed è stata adottata da più del 50% degli urologi in Europa.
L’applicazione di questo nuovo metodo chirurgico e’ risultata particolarmente utile nella chirurgia laparoscopica Robot assistita del tumore prostatico.
Tumore della prostata: la prostatectomia radicale e i punti di Rocco
La prostatectomia radicale è l’intervento più eseguito per curare il tumore della prostata. L’operazione consiste nell’asportare la prostata che si trova situata tra la vescica e il canale uretrale e, successivamente, nel ripristinare la via di uscita delle urine interrotta dalla rimozione della prostata, ricollegando l’uretra direttamente alla vescica.
Questo intervento, che ha grandi possibilità di guarire il paziente dalla sua malattia, è però gravato da eventi negativi, tra cui l’incontinenza urinaria post operatoria, uno degli effetti indesiderati più temuti dai pazienti.
Nel momento in cui la prostata viene rimossa, il punto di ancoraggio posteriore viene perso, l’uretra si retrae in direzione del pene e anche lo sfintere che la circonda la segue verso il basso accorciandosi come una fisarmonica. Questo accorciamento è responsabile della perdita di efficienza dello sfintere e della maggiore o minore gravità della incontinenza.
Il Professor Rocco ha avuto l’idea di ricostruire non solo l’uretra ma anche lo sfintere applicando dei punti di sutura particolari – quelli che ora sono chiamati universalmente i Rocco’s Stiches: con questa tecnica, lo sfintere striato viene riportato alla lunghezza naturale e fissato alla parete della vescica: questa manovra ripristina molto rapidamente la funzione di compressione sull’uretra.
Applicando questa tecnica, la continenza post operatoria è raggiunta in tempi molto più brevi di quanto avvenisse precedentemente alla sua introduzione.
A 10 anni dalla sua introduzione, la tecnica di Rocco è forse una delle più studiate e citate nella letteratura scientifica, applicata anche nella chirurgia robotica. Una tecnica nata in Italia e diffusa oramai in tutto il mondo.
Domande e risposte sul tumore della prostata e la prostatectomia radicale robotica
1- Devo osservare una dieta particolare fino al giorno dell’intervento? Devo raggiungere un certo peso?
Non è necessaria una dieta particolare fino al giorno dell’intervento. Il paziente deve essere digiuno dalle 24.00 rimanendo anche senza bere.
2- Devo fare qualche esercizio prima dell’operazione per migliorare la continenza?
Salvo in casi particolari in cui siano conosciute difficoltà di continenza già prima dell’intervento non è necessario fare alcun esercizio di preparazione.
3- Cosa devo non fare prima dell’intervento?
Non ci sono divieti particolari, occorre fare la propria vita normalmente.
4- Sarà molto doloroso il catetere? Si può otturare?
Il catetere sarà mantenuto per circa sette giorni; in questo periodo viene generalmente ben tollerato generando solo leggeri bruciori lungo l’uretra. Al momento opportuno viene sgonfiato il palloncino che lo ancora in vescica e il catetere viene estratto dalla vescica esercitando solo una leggera trazione: un breve istante di bruciore e null’altro.
Se il catetere si ottura può essere disostruito con un lavaggio di soluzione fisiologica.
5- Quando potrò riprendere l’attività fisica?
L’ intervento di prostatectomia robotica è poco traumatizzante e il recupero post operatorio è rapido. Dopo una breve convalescenza di circa 7-10 giorni in cui si possono riprendere con gradualità le attività abituali, si può passeggiare con il cane dopo 10-15 giorni, giocare a golf dopo 45-60 giorni e tornare in palestra dopo 2 mesi.
6- Come sarà il ritorno alla funzione urinaria? dovrò usare sempre i pannolini?
Dopo aver tolto il catetere c’è sempre un maggiore o minore grado di incontinenza che può durare da pochi giorni ad alcuni mesi. La ripresa della continenza completa dipende dalle condizioni generali del paziente (età, costituzione fisica, stato generale di salute, grado di mobilità eccetera) e dalle condizioni locali della prostata e della malattia (dimensioni della prostata, grandezza del tumore, estensione locale della malattia eccetera). In questo periodo devono essere usati i pannolini per ridurre al minimo il disagio.
Dopo 3 mesi dall’intervento eseguito con la “TECNICA di ROCCO “il 78% dei pazienti è continente
A 12 mesi di distanza dall’intervento cerca il 92% dei pazienti recupera una completa continenza.
7- Riprenderà la funzione erettile dopo l’intervento?
La ripresa della funzione erettile dipende da molti fattori: l’età del paziente, Il suo stato generale di salute, il suo interesse per l’attività sessuale condizionano in modo rilevante
il recupero dell’erezione. Tuttavia l’elemento più importante che determina la possibilità di recuperare la funzione erettile è costituito dalla conservazione dei nervi erettori. Se le condizioni della prostata malata consentono di conservare entrambi i nervi erettori, le possibilità di recupero possono raggiungere l’80%. Se è conservato un solo nervo la percentuale scende al 50 - 60%, in caso di rimozione ampia di entrambi i nervi, le possibilità si riducono moltissimo.
8- Quanto tempo occorre per riprendere una normale vita sessuale?
La ripresa della capacità erettile ha tempi non prevedibili, tuttavia il recupero può avvenire dopo poche settimane e fino anche 12-18 mesi dopo l’intervento. Il malato sarà comunque sottoposto alle cure di riabilitazione.
9- Esiste una differenza tra le biopsie eseguite prima dell’intervento e l’esame istologico definitivo?
La biopsia è stata fatta praticando 14-16 prelievi eseguiti secondo uno schema generale in modo da studiare meglio possibile le varie regioni della prostata.
Tuttavia naturalmente lo studio della ghiandola così ottenuto è incompleto perché è possibile che gli aghi di prelievo possano aver ignorato zone vicine anche esse malate.
L’esame istologico definitivo, invece, esamina tutta la prostata, le vescicole seminali, i dotti deferenti e i linfonodi, se viene eseguita anche la linfoadenectomia, il modo tale da fornire una conoscenza esatta dello stato reale della malattia tumorale.
Un elemento conoscitivo molto importante fornito dall’esame definitivo di tutta la ghiandola è il grado di malignità della malattia. Questo viene espresso dalla “SCALA DI GLEASON “, che va dal valore di 2, minima malignità, al valore di 10, che esprime invece la massima aggressività. Nel 30 - 40% dei casi, il valore di Gleason dell’esame definitivo è superiore a quello espresso dalla biopsia preoperatoria, indicando una malattia più pericolosa rispetto a quanto ipotizzabile dalla biopsia
L’esame definitivo consente anche di conoscere l’estensione del tumore rispetto alla prostata, se per esempio è lontano dai margini della prostata o se li infiltra raggiungendo i nervi erettori o le vescicole seminali o altre strutture.
10- Quali sono le aspettative di vita dopo un intervento ben riuscito?
Se l’intervento ha avuto un esito felice ed è riuscito bene come testimoniato dall’ azzeramento post operatorio del PSA, le aspettative di vita rimangono le stesse come se non si fosse mai presentata la malattia.
11- Quali sono i controlli da effettuare dopo l’intervento?
Il controllo post-operatorio del PSA è fondamentale e serve a stabilire se l’intervento è stato completamente radicale oppure, in caso di un livello alto di PSA, si sospetta che tracce di tumore siano ancora presenti. Nel primo caso si può considerare che la malattia sia stata completamente curata, mentre, nella seconda evenienza, si deve completare la cura del tumore con altri metodi di cura.
12- Se la prostata non c’è più perché continuare a fare in PSA?
Nonostante un intervento ben riuscito che è riuscito ad azzerare il PSA post operatorio, negli anni è possibile notare, anche a distanza di molto tempo, un rialzo del PSA.
Questo evento viene chiamato “RECIDIVA BIOCHIMICA “
In alcuni casi la recidiva biochimica del PSA non viene accompagnata o seguita da segni di ripresa del tumore; in altri casi invece la recidiva biochimica precede la comparsa clinicamente evidente di una recidiva del tumore
13- Se uno non fa alcuna cura del tumore prostatico cosa rischia?
Il tumore della prostata nella grande maggioranza dei casi è un tumore che evolve lentamente tanto che si dice che se esso compare in età avanzata è piccolo e presenta un basso indice di Gleason, non è necessario curarlo perché il tempo di sviluppo della malattia è così lungo che supera il tempo di vita dell’individuo che ne è affetto.
In questi casi il malato segue un regime di controllo che viene chiamato “SORVEGLIANZA ATTIVA“
Tuttavia esiste una cospicua percentuale di casi in cui la malattia può evolvere rapidamente potendo svilupparsi sia localmente, creando grandi difficoltà urinarie, sia a distanza, inviando metastasi alle ossa e anche ad altri organi.
Per questa ragione nella maggior parte dei casi di cancro prostatico conviene eseguire una cura chirurgia o radioterapica, finché esistono le condizioni per una completa rimozione del tumore.
Nei casi in cui la malattia è ritornata dopo la cura o è stata diagnosticata in una fase avanzata, esistono oggi molti schemi di terapia medica che forniscono ottimi risultati per il controllo del tumore e dei suoi sintomi. Queste cure, che iniziano sempre con la terapia ormonale, consentono una eccellente qualità di vita per lunghi periodi di tempo